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Il materiale é fornito a solo scopo didattico

Sentenze sul Responsabile dei Lavori (Committente Lavori in caso di mancata nomina del R.L.)

Costr Cass. pen. Sez. III, Sent., n. 2285 del 16 gennaio 2013 - L'obbligo di elaborazione del DUVRI è in capo al Datore di Lavoro Committente e non può essere delegato ai datori di lavoro delle imprese appaltatrici.

«... Va anzitutto precisato che, in tema di lavori eseguiti a seguito di contratto d'appalto o d'opera, il D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7, comma 2, prevedeva che i "datori di lavoro", genericamente indicati, dovessero cooperare all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto (lett. a) e dovessero coordinare gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva (lett. b); sempre l'art. 7, al comma 3, prevedeva poi che spettasse al "datore di lavoro" promuovere il coordinamento di cui al comma 2, lett. b).

Successivamente, con il D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 9, comma 2, si era precisato che la redazione ovvero l'accettazione e la gestione da parte dei "singoli datori di lavoro" dei piani di sicurezza e coordinamento secondo quanto definito dall'art. 12 costituisse "adempimento delle norme previste ... dal D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7, comma 1, lett. b), e comma 2", in tal modo riferendo anche l'obbligo redazione di detti piani ai datori di lavoro indifferentemente intesi.

La previsione dell'art. 7, abrogata dal D.Lgs. n. 81 del 2008, è stata, con riferimento testuale agli "obblighi connessi ai contratti d'appalto o d'opera o di somministrazione", letteralmente ripresa dall'art. 26, comma 2, dello stesso D.Lgs. n. 81 che ha riferito gli obblighi di cooperazione e coordinamento di cui sopra ai "datori di lavoro, ivi compresi i subappaltatori"; lo stesso D.Lgs. da ultimo citato ha poi sanzionato, all'art, 55 comma 5 lett. d), "il datore di lavoro e il dirigente" per la violazione, tra gli altri, anche dell'art. 26, comma 2". L'art. 26, comma 3, recependo in parte ed ampliando il previgente contenuto del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7, comma 3, ha invece previsto che sia il "datore di lavoro committente" a dover "promuovere la cooperazione ed il coordinamento di cui al comma 2, elaborando un unico documento di valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare o, ove ciò non è possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze".

Ciò posto, risulta pertanto che, sulla base della normativa introdotta dal D.Lgs. n. 81 del 2008, sono oggi configurabili, tra gli altri, in relazione all'aspetto della prevenzione in caso di appalto, due distinti e non sovrapponibili obblighi, ovvero, da un lato, quello di coordinare gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, imposto ai "datori di lavoro" genericamente denominati "ivi compresi i subappaltatori" (obbligo contemplato appunto dall'art. 26 comma 2 ed autonomamente sanzionato dall'art. 55, comma 5, lett. d), e, da un altro, quello di promuovere la cooperazione ed il coordinamento elaborando il documento di valutazione dei rischi (obbligo contemplato dall'art. 26, comma 3, parimenti distintamente sanzionato dall'art. 55, comma 5, lett. d), imposto testualmente al solo "datore di lavoro committente" e non anche come, in precedenza, era per effetto del necessario coordinamento tra le già ricordate previsioni del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7, comma 2, e del D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 9, comma 2, ai datori di lavoro non committenti.

A ciò consegue, pertanto, che la condotta di omessa elaborazione del documento di valutazione dei rischi, in precedenza denominato dalla legge quale piano di sicurezza e coordinamento, debba essere oggi ritenuto un reato proprio del "datore di lavoro committente", senza possibilità di estensione del medesimo, pena, diversamente, la violazione del principio di tassatività della legge penale, al datore di lavoro appaltatore.

Va aggiunto che, del resto, lo stesso art. 26, comma 3 cit., sul punto integrato dal D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106, art. 16, comma 2, lett. a), ne impone l'adeguamento "in funzione dell'evoluzione dei lavori, servizi e forniture", sicchè l'unico soggetto in condizione di poter procedere a tale adeguamento non può che essere il committente. In definitiva, così come la redazione del "documento di valutazione dei rischi" è obbligo esclusivo del datore di lavoro, analogamente la redazione del D.u.v.r.i. è obbligo del datore di lavoro committente, pur potendo lo stesso essere delegato a terzi (presupponendo peraltro pur sempre la delega che l'obbligo gravi sul medesimo datore di lavoro), sicchè estendere un tale obbligo a soggetto terzo, nel caso di specie il lavoratore autonomo appaltatore, peraltro infortunatosi, snaturerebbe la ratio della norma che vuole che sia evidentemente il datore di lavoro committente a rendere edotti dei rischi le ditte appaltatrici.

Nè in senso contrario parrebbe potersi valorizzarsi il precedente rappresentato da Sez. 4, n. 43111 del 09/10/2008, Cupidi e altri, Rv. 241369 (menzionata anche nella sentenza impugnata), che, trattando della redazione del piano operativo di sicurezza e non del D.u.v.r.i., e citando in motivazione, quali parametri normativi di riferimento, il D.Lgs. n. 81 del 2008, artt. 17 e 18 appare evidentemente riferirsi agli obblighi generali di ogni datore di lavoro rispetto alla tutela dei propri lavoratori al di fuori di esigenze di coordinamento derivanti da lavori eseguiti in appalto, non considerate, infatti, da tali previsioni. Va, in particolare, aggiunto che, se è vero che l'art. 18 lett. p) prevede, tra gli obblighi del "datore di lavoro", quello dell'elaborazione del "documento di cui all'art. 26, comma 3" (ovvero, appunto, il D.u.v.r.i,), il datore di lavoro in oggetto non può essere se non quello testualmente e specificamente citato dallo stesso art. 26 comma 3, ovvero il datore di lavoro "committente". Va anzi sottolineata, ad ulteriore conferma, sotto un profilo sistematico, del fatto che il richiamo effettuato dalla lett. p) dell'art. 18 non può considerarsi come introduttivo di un obbligo anche per i datori di lavoro non committenti, una ulteriore considerazione. La violazione dell'art. 18, lett. p), prima parte (ovvero appunto quella dell'obbligo di redazione del documento di cui all'art. 26, comma 3) è, a ben vedere, sprovvista di sanzione, giacchè la lett. e) dell'art. 55 sanziona unicamente, con l'ammenda da 2.000 a 4.000 Euro, "la violazione dell'art. 18, comma 1, lett. ... p), seconda parte", ovvero, segnatamente, la violazione dell'obbligo di consegna tempestiva di copia al rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza. Se quindi il legislatore avesse voluto configurare, per la mancata elaborazione del documento di cui all'art. 26, comma 3, un illecito penale per tutti i datori di lavoro "in genere", avrebbe dovuto evidentemente prevedere una sanzione ad hoc, il non averlo fatto, scegliendo invece di sanzionare, attraverso il già menzionato art. 55, comma 5, lett. d), unicamente la sola specifica violazione dell'art. 26, comma 3, ossia la violazione di un obbligo posto a carico del solo "datore di lavoro committente", come recita l'incipit dello stesso comma 3, non può che essere indicativo della non pertinenza rispetto all'obbligo in oggetto della previsione dell'art. 18.

Infine, ad ulteriore conforto di quanto sin qui detto, va aggiunto che il D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 29, comma 4, prevede che "Il documento di cui all'art. 17, comma 1, lett. a), e quello di cui all'art. 26, comma 3, devono essere custoditi presso l'unità produttiva alla quale si riferisce la valutazione dei rischi". E' infatti evidente che se spetta al datore di lavoro "committente", ossia a colui che ha "la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l'appalto o la prestazione di lavoro autonomo" (art. 26, comma 1), la custodia del D.u.v.r.i., tale obbligo non può che essere la conseguenza del fatto che è lui stesso che lo elabora, coordinandosi con l'appaltatore ed assumendosene la paternità, nonchè mettendolo a disposizione degli organi di vigilanza in caso di accesso ispettivo presso il luogo di lavoro ove si svolge l'attività in appalto. ... »