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sito a cura di Renzo Rivalta
ingegnere RSPP
Il materiale é fornito a solo scopo didattico
Sentenze Cassazione sul Datore di Lavoro
Cass. pen. Sez. IV, Sent. n. 27615 del 25 giugno 2014
Il compito del datore di lavoro non si esaurisce nella predisposizione e nella consegna ai
lavoratori dei mezzi di prevenzione e nell'attuazione delle misure necessarie, essendo lo stesso tenuto ad accertarsi che le disposizioni impartite vengano nei fatti
eseguite e ad intervenire per prevenire il verificarsi di incidenti attivandosi per far cessare eventuali manomissioni o
modalità d'uso pericolose da parte dei dipendenti, quali la rimozione delle cautele antinfortunistiche o il mancato impiego
degli strumenti prevenzionali messi a disposizione.
Il compito del datore di lavoro, o del dirigente cui spetta la sicurezza del lavoro, è molteplice e
articolato, e va dalla istruzione dei lavoratori sui rischi di determinati lavori e dalla necessità di adottare certe misure di sicurezza, alla predisposizione di queste misure
e quindi, ove le stesse consistano in particolari cose o strumenti, al mettere queste cose, questi strumenti, a portata di mano del lavoratore e, soprattutto, al controllo
continuo, pressante, per imporre che i lavoratori rispettino quelle norme, si adeguino alla misure in esse previste e sfuggano alla superficiale tentazione di trascurarle.
Il responsabile della sicurezza, sia egli o meno l'imprenditore, deve avere la cultura e la forma mentis del garante del bene costituzionalmente rilevante costituito dalla
integrità del lavoratore
“pur dovendosi convenire che nucleo centrale dell'addebito va ravvisato nella omessa concreta ed effettiva messa a disposizione delle cinture di sicurezza, deve ritenersi che
la difesa sul punto svolta dal ricorrente, secondo cui l'obbligo gravante sul datore di lavoro doveva ritenersi adempiuto, si appalesa debole e inconsistente, non rispondendo
ad una corretta interpretazione del contenuto e dello scopo degli obblighi imposti dalle norme infortunistiche a carico del datore di lavoro: prima tra tutte della norma base
rappresentata dall'art. 2087 cod. civ. che, come noto, obbliga l'imprenditore "ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro,
l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro".”
“Secondo pacifica interpretazione di tale fondamentale disposizione, infatti, il compito del datore di lavoro non si esaurisce nella predisposizione e nella consegna ai
lavoratori dei mezzi di prevenzione e nell'attuazione delle misure necessarie, essendo lo stesso tenuto ad accertarsi che le disposizioni impartite vengano nei fatti
eseguite e ad intervenire per prevenire il verificarsi di incidenti (Cass. civ. Sez. lavoro, 09-03-1992, n. 2835), attivandosi per far cessare eventuali manomissioni o
modalità d'uso pericolose da parte dei dipendenti, quali la rimozione delle cautele antinfortunistiche (Cass. civ. Sez. lavoro, 27-05-1986, n. 3576) o il mancato impiego
degli strumenti prevenzionali messi a disposizione (Sez. 4, n. 6486 del 03/03/1995 - dep. 03/06/1995, Grassi, Rv. 201706).”
“Si è in tal senso precisato che, in tema di sicurezza antinfortunistica, il compito del datore di lavoro, o del dirigente cui spetta la sicurezza del lavoro, è molteplice e
articolato, e va dalla istruzione dei lavoratori sui rischi di determinati lavori e dalla necessità di adottare certe misure di sicurezza, alla predisposizione di queste misure
e quindi, ove le stesse consistano in particolari cose o strumenti, al mettere queste cose, questi strumenti, a portata di mano del lavoratore e, soprattutto, al controllo
continuo, pressante, per imporre che i lavoratori rispettino quelle norme, si adeguino alla misure in esse previste e sfuggano alla superficiale tentazione di trascurarle.”
“Il responsabile della sicurezza, sia egli o meno l'imprenditore, deve avere la cultura e la forma mentis del garante del bene costituzionalmente rilevante costituito dalla
integrità del lavoratore ed ha perciò il preciso dovere non di limitarsi a assolvere formalmente il compito di informare i lavoratori sulle norme antinfortunistiche previste,
ma deve attivarsi e controllare sino alla pedanteria, che tali norme siano assimilate dai lavoratori nella ordinaria prassi di lavoro (Sez. 4, n. 6486 del 03/03/1995 - dep.
03/06/1995, Grassi, Rv. 201706; ma anche, nello stesso senso, Sez. 4, n. 13251 del 10/02/2005 - dep. 12/04/2005, Kapelj, Rv. 231156, secondo cui "in tema di infortuni
sul lavoro, il compito del datore di lavoro è articolato e comprende l'istruzione dei lavoratori sui rischi connessi a determinate attività, la necessità di adottare le
previste misure di sicurezza, la predisposizione di queste, il controllo, continuo ed effettivo circa la concreta osservanza delle misure predisposte per evitare che esse
vengano trascurate e disapplicate, il controllo infine sul corretto utilizzo, in termini di sicurezza, degli strumenti di lavoro e sul processo stesso di lavorazione").”
“Alla luce di tali univoche indicazioni normative e giurisprudenziali, non può dubitarsi che, lungi dal potersi considerare adempiuto l'obbligo gravante sul datore di lavoro
in materia antinfortunistica con il mero acquisto delle cinture di sicurezza, il fatto stesso che queste siano tuttavia rimaste inutilizzate e custodite in un magazzino
distante più di un chilometro dal luogo di lavoro vale di per sè a dimostrare un atteggiamento molto lontano dal contenuto ben più attivo e sostanziale che a tale obbligo
occorre assegnare; ciò tanto più se si considera che, alla luce delle già richiamate emergenze, il fatto che le cinture di sicurezza rimanessero inutilizzate in magazzino
non può imputarsi a isolata distrazione o non prevedibile condotta inosservante dello stesso lavoratore, verificatasi nella tragica contingenza, ma costituiva dato
strutturale confermato anche dalla riscontrata assenza nel luogo di lavoro di una "linea vita" alla quale ancorarle (vds. pag. 7 della sentenza di primo grado) e, più in generale,
risponde piuttosto a un generalizzato lassismo desumibile anche dalle altre segnalate numerose violazioni.”
...
“Appare infatti indubitabile la sussistenza di un'efficacia causale diretta della inosservanza della regola cautelare rispetto al tragico evento verificatosi,
essendo di tutta evidenza che l'adempimento effettivo degli obblighi come detto gravanti sul datore di lavoro, non meramente formali ma spinti fino ad un pressante
(se non addirittura pedante), controllo dell'effettivo utilizzo da parte dei dipendenti dei presidi di sicurezza previsti per le lavorazioni
da compiere, avrebbe ben potuto impedire che lo sfortunato lavoratore si determinasse a compiere un'operazione in una situazione di evidente pericolo di caduta dall'alto.
Per converso, (solo) la dimostrazione di un effettivo e operativo approntamento dei presidi di sicurezza (nel caso di specie cinture di sicurezza e relativo aggancio)
nonchè di un controllo costante ed effettivo volto a indurre pressantemente i lavoratori all'utilizzo degli stessi e all'osservanza
in genere delle procedure si sicurezza (ancorchè non spinto ad una inesigibile presenza continua in cantiere), avrebbe potuto valere a dimostrare l'effettiva riconducibilità
dell'evento a consapevole e volontaria scelta avventata e inosservante dello stesso lavoratore (questa sì, in ipotesi, idonea a esonerare il datore da responsabilità alla
stregua di una causa sopravvenuta da sola idonea a determinare l'evento ai sensi dell'art. 41 c.p., comma 2): ipotesi che però, nel contesto predetto, non può in alcun modo
ritenersi avvalorata dalle descritte emergenze.”
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