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L'Azienda Sicura: Lezioni di Salute e Sicurezza sul Lavoro a cura di Renzo Rivalta


ultimo aggiornamento delle lezioni: 25/10/2015

Lezione 14
L'Organigramma Aziendale

Nella lezione precedente abbiamo visto che in azienda vi sono quattro elementi base da analizzare.

Indice della lezione

I primi due, che attengono all'organizzazione aziendale, sono l'organigramma aziendale e i ruoli aziendali della sicurezza, mentre i secondi riguardano le fonti di rischio che derivano sia dai luoghi di lavoro che dalle mansioni dei lavoratori.

Questa lezione é dedicata ad un approfondimento del primo degli elementi fondamentali da analizzare in azienda qualora si voglia sviluppare un corretto processo di salute e sicurezza: l'organigramma aziendale.

Al fine di meglio inquadrare gli argomenti sia in questa che nelle prossime lezioni lo schema sotto riportato che rappresenta la tabella 1) della lezione Analisi dell'azienda indica in giallo l'elemento trattato nella lezione.

schema

il concetto di "Gerarchia"

Gli addetti di una impresa sono normalmente organizzati secondo un organigramma gerarchico - funzionale che stabilisce funzioni, ruoli e competenze. Tale organigramma é una stretta necessità del datore di lavoro al fine di definire una o più linee di comando attraverso le quali transitano le sue disposizioni dal concepimento fino ai luoghi della concreta applicazione.

Ai fini del ragionamento che ci si accinge a fare è opportuno approfondire il concetto di “gerarchia” per porlo in relazione con la modernità aziendale.

Etimologicamente “gerarchia” deriva dal greco “hieròs” che significa “sacro” accostato a “àrcho” che denota l’azione del comando, “essere a capo”. Gerarchia indica quindi l’insieme organizzato dell’ordine ecclesiastico e, più in generale, il complesso dei gradi di un qualsiasi ordine sociale.

Quando si parla di organigramma gerarchico si intende l’ordine delle relazioni e le dipendenze funzionali che sono stabilite fra i soggetti che lo compongono.
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La gerarchia aziendale e le posizioni di preminenza

Nella moderna azienda lo scopo del responsabile delle risorse umane è quello di definire una “organizzazione”, meglio esplicata in un organigramma gerarchico, in grado di fornire i migliori vantaggi competitivi. In letteratura si trovano svariati modelli di organigramma che vengono adottati ed adattati dalle varie realtà aziendali in funzione del numero di dipendenti, delle tipologie di lavorazione, delle funzioni assegnate ai singoli componenti e dal numero di livelli gerarchici.

Nella fig. 1 si riporta un possibile schema di organigramma nella configurazione detta "ad albero" in quanto, come l'albero parte dal tronco e si sviluppa in rami principali e secondari fino alle foglie, così questo tipo di organigramma si sviluppa dal vertice aziendale in vari "livelli" fino ai singoli lavoratori. Come risulta dall'esempio una azienda può dotarsi di un imprecisato numero di livelli di gerarchici, definiti sulla base delle reali esigenze produttive. Resta nell'abilità tecnica del datore di lavoro scegliere quella migliore organizzazione che gli garantisce sia il corretto flusso delle disposizioni che la massima produttività.

L'esempio di organigramma proposto è costituito da una serie di caselle di colore diverso a seconda del livello gerarchico che sono unite con linee nere continue. Ai fini della presente trattazione il "colore delle caselle" é definito posizione gerarchica aziendale (o, più semplicemente, "posizione") mentre le "linee nere" che uniscono le varie posizioni gerarchiche aziendali si definiscono linee di comando (o anche linee delle "direttive").

Organigramma schematico
fig. 1 - Schema di organigramma ad "albero"


.

Il datore di lavoro organizza i fattori della produzione in particolare la forza Lavoro identificando una o più linee di comando ed attribuendo ad ogni singolo obblighi e funzioni. Così facendo il datore di lavoro attua l’esercizio d’impresa per mezzo di una catena organizzativa che lega il vertice dell’impresa con il lavoratore passando attraverso una moltitudine di livelli intermedi.

Analizzando l'organigramma proposto in fig. 1 e risalendo la linea di comando, dall'ultimo dei livelli gerarchici, verso il vertice aziendale sarà possibile incontrare le figure aziendali cerchiate in rosso. Otteniamo così un singolo ramo della catena organizzativa riportata, in dettaglio nella successiva fig. 2.


Organigramma schematico
fig. 2 - singolo ramo della catena organizzativa gerarchica


Si fa notare che non esiste una regola generale al fine di attribuire le denominazioni alle posizioni gerarchiche, pertanto quello che nello schema in fig. 2 é stato denominato "capo reparto" potrebbe essere denominato altrove come "capo sezione" o come "funzionario" o in infiniti altri modi. Questo per la ragione che le denominazioni delle singole posizioni sono quelle che il datore di lavoro ha voluto attribuire per meglio rispondere alle esigenze aziendali.

Quelle che in fig. 1 erano le linee di comando (le linee nere congiungenti le varie posizioni) sono state sostituite in fig. 2 con delle frecce rosse. Questo perchè le linee di comando non servono solo per identificare il legame gerarchico-funzionale fra i singoli componenti l'organigramma aziendale, bensì sono utili per comprendere il verso del flusso degli ordini (rappresentato, appunto, dalle frecce rosse).

Qualora una posisione gerarchica sia tale da poter impartire ordini direttive o disposizioni ad una posizione gerarchica immediatamente inferiore tale posizione viene anche detta posizione gerarchica di preminenza o, più semplicemente posizione di preminenza.

Resta chiaro che esistono tante posizioni di preminenza ognuna delle quali agisce sui livelli inferiori diretti. Pertanto quelle che fino ad ora abbiamo chiamato linee di comando rappresentano il flusso degli ordini, direttive o disposizioni impartite dalla posizione di preminenza superiore alla posizione inferiore.

Avremo così che il fine d’impresa si raggiunge attraverso le direttive impartire dall’imprenditore ed attuate dalla catena organizzativa gerarchica, costituita da lavoratori dotati delle necessarie competenze, professionalità e dei necessari poteri. Ogni lavoratore, in qualunque livello gerarchico sia posto, sarà dotato dall’imprenditore, attraverso l’inquadramento contrattuale, dei necessari poteri gerarchici in assenza dei quali non potrebbe svolgere correttamente il proprio ruolo.
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Il "potere" gerarchico

Abbiamo appena visto che la persona che occupa una certa posizione gerarchica tale da assumere una "posizione di preminenza" rispetto ad altre posizioni deve poter esercitare la propria supremazia attraverso i necessari poteri senza i quali non potrebbe operare.

Anche se può apparire superfluo è necessario interrogarsi sulla natura di tali poteri e sulle ragioni per le quali gli stessi poteri vengono esercitati.

Normalmente accade che il datore di lavoro abbia bisogno di una posizione gerarchica per fini aziendali. Ad esempio nel caso in cui decida per la costituzione di una nuova squadra di lavoratori addetti ad una certa funzione ed assegni ad uno di loro la qualità di "Capo Squadra" tale assegnazione (riconosciuta con un atto formale) è normalmente accompagnata dalla attribuzione dei poteri necessari per l'esercizio della assegnata qualità di "Capo Squadra".

Parrebbe, quindi, che i poteri gerarchici sono riconosciuti solo quando, a monte, vi è un incarico formale e una assegnazione di una certa posizione gerarchica ad un qualche livello, riconosciuta dal datore di lavoro

Questo potrebbe rivelarsi non corretto. Per spiegare ciò é necessario fare alcuni approfondimenti.

Il potere (secondo www.treccani.it) è quella proprietà in base alla quale si è in grado di compiere o meno qualcosa. Quindi la condizione necessaria per l'esercizio del potere é quella per la quale il soggetto che esercita il potere può decidere se compiere o non compiere una determinata azione. Tuttavia quando la decisione di compiere o non compiere una determinata azione interessa soggetti terzi (ad esempio nel caso del capo squadra e dei lavoratori coordinati), tale condizione (quella di poter decidere) non é più sufficiente per l'esercizio del potere. Infatti occorre anche un ulteriore requisito che consiste nella riconoscibilità della posizione gerarchica da parte dei lavoratori coordinati.

Pertanto al fine dell'esercizio del potere aziendale occorrono contemporaneamente le seguenti condizioni:

1) essere in possesso del potere decisionale

2) essere in una posizione gerarchica riconosciuta dai lavoratori subordinati

La seconda condizione diviene sostanziale qualora la decisione di compiere o menu una azione é attuata da terzi (i componenti della squadra che devono rispettare l'ordine del capo squadra). Ove tali terzi non dovessero riconoscere la posizione gerarchica di chi ha impartito la disposizione e non la pongano in essere é evidente che viene meno quel fattore fondamentale per l'esercizio del potere aziendale.

Non importa se, a fronte di un mancato riconoscimento dell'autorità da questo derivino eventuali sanzioni disciplinari, ma quello che conta per l'esercizio del potere é il rispetto delle disposizioni da parte dei lavoratori subordinati alla posizione gerarchica che quella disposizone ha impartito.

Precisato, quindi, che ai fini dell'esercizio del potere gerarchico aziendale occorre che, per una data posizione, tale potere sia riconosciuto dai lavoratori che occupano le posizioni gerarchiche inferiori, prendiamo in esame le modalità in cui una determinata posizione gerarchica entra in possesso del potere decisionale.
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La gerarchia aziendale e i precetti prevenzionistici del novecento: il DPR 547 una legge "non solo tecnologica"

Abbiamo già visto che esistono principi generali superiori che derivano dalla Costituzione e dal Codice Civile che si ergono a tutela della salute e che non possono essere superati da alcuna legge ordinaria. Abbiamo affermato che qualunque legge ordinaria o decreto attuativo deve essere sempre interpretato alla luce dei generali e superiori principi enunciati.

Il legislatore, nella seconda metà del novecento, a partire dagli anni '50, si rende conto che i principi generali da soli non sono sufficienti a far cessari gli infortuni e le morti sul lavoro.

Gli anni a seguire la Costituzione Italiana con i suoi principi generali sono quelli in cui grandi masse di lavoratori si spostavano dalle campagne alle città, si trasferiscono da sud a nord, per riempire le fabbriche, gli stabilimenti industriali, per lavorare a ritmi tayloristici. In forte crescita l’attività edilizia, cresce il livello occupazionale, inizia la industrializzazione su larga scala delle attività agricole. Ci si trova di fronte alla massiccia ripresa della rivoluzione industriale che la seconda guerra mondiale aveva solo interrotto, una rivoluzione industriale che porterà ad una diffusione della ricchezza e del benessere del paese. Purtroppo si contano circa 4500 morti sul lavoro all’anno con il record negativo di 4564 nel 1963. Quello delle morti sul lavoro, cosiddette “morti bianche” era, ed é tutt’oggi, un fenomeno eticamente inaccettabile.

Fenomeno ripugnante e contraddittorio, in quanto non é accettabile che un individuo possa perdere la propria vita durante lo svolgimento di quella attività che gli consente la vita stessa. Inaccettabili i costi degli infortuni sul lavoro stimati a tutt’oggi, fra costi diretti ed indiretti, oltre 40 miliardi di euro ogni anno. Nasce la necessità di adeguare la legislazione alle nuove esigenze di crescita e sviluppo del paese. Occorrono norme all’avanguardia che limitino gli infortuni sul lavoro (ed i relativi costi sociali).

Il DPR 547 , si configura da subito come norma tecnica cardine della legislazione speciale in materia di sicurezza sul lavoro. Si può ragionevolmente affermare che degli oltre 400 articoli di cui é composto, di fondamentale importanza sono gli articoli 4 e 5 che delineano gli obblighi del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti, secondo le rispettive prerogative e attribuzioni.

Con l’introduzione di precisi obblighi a carico di ben individuate figure (datore di lavoro, dirigente, preposto e lavoratore), correlati a sanzioni di natura penale, il legislatore delinea e, impone già dal 1955, una ben precisa organizzazione aziendale in materia di sicurezza sul lavoro, che articola su quattro livelli fondamentali: il livello del datore di lavoro, il livello del dirigente, il livello del preposto ed, infine il livello del lavoratore.

Indicheremo tali quattro livelli e le relative e rispettive obbligazioni in materia di salute e sicurezza aziendale con la locuzione “quadripartizione prevenzionistica aziendale” .

Organigramma novecento
fig. 3 - Catena organizzativa aziendale secondo il 547 - quadripartizione prevenzionistica

Tutti gli articoli del 547 a partire dall'art. 8 possono essere considerati articoli tecnologici a carattere “deterministico”, propri di un modello normativo che si avvicina più a regole di buona tecnica (vedi norme UNI, CNR, ecc.), norme legate al rispetto di precisi parametri prestazionali, che, molto spesso definiscono un limite minimo invalicabile il quale, peraltro, non sempre può garantire l’obiettivo prefigurato dalla normativa stessa.

I precetti deterministici pertanto sono tesi a definire standard minimi che garantiscano la sicurezza minima. Se, ad esempio prendiamo l'articolo che impone che il parapetto deve essere alto almeno un metro possiamo affermare con certezza che vi sia la garanzia minima di sicurezza?

In linea generale possiamo affermare, anche scomodando le più moderne teorie ergonomiche, che il rispetto dello standard significa garantire il livello minimo di sicurezza al 95% della popolazione di utenti. Tuttavia occorre sempre accertarsi che l’utenza con la quale si ha a che fare non sia del tutto fuori da quel 95%. Se ad esempio la normale utenza di quel parapetto fosse costituita da giovani campioni della pallacanestro, la cui altezza media sicuramente rientra nel 5% di utenti cosiddetto “fuori standard” occorrerebbe valutare nello specifico la necessaria sopraelevazione dei parapetti fino ad un livello di sicurezza idoneo.

Precisato che l’evoluzione legislativa ha prodotto, nel tempo, precetti che pongono in capo ai soggetti obbligati la valutazione degli standard minimi di sicurezza, possiamo affermare che, senza dimenticare l’importanza che assumono, in quegli anni di totale delegificazione, gli articoli che impongono standard minimi di qualità prestazionale, la grande novità del 547 e la vera lungimiranza, anche se, di fatto, la meno applicata, consta nella introduzione “ipse jure” di un modello organizzativo aziendale integrato agli aspetti della sicurezza.

Come stabilito dagli artt. 4 e 5 del 547 l'applicazione delle disposizioni del 547 viene posta in capo, ognuno per la propria competenza (in base alla propria posizione gerarchica aziendale ed in base alle attività svolte) rispettivamente al datore di lavoro, al dirigente ed al preposto. Agli obblighi di tali figure si affiancano anche i doveri dei lavoratori indicati all'art. 6 del 547, con la quale si completa la quadripartizione prevenzionale dell'azienda.

La 547 è stato di gran lunga il decreto più importante in Italia in quanto ha veramente introdotto grandi innovazioni. Di enorme portata era l’articolo che imponeva ai datori di lavoro, dirigenti e preposti di rendere edotti i lavoratori dei rischi specifici cui sono esposti e portare a loro conoscenza le norme essenziali di prevenzione mediante affissione, negli ambienti di lavoro, di estratti delle norme o, nei casi in cui non sia possibile l’affissione, con altri mezzi, che costituisce atto embrionale dell’obbligo di formazione e informazione che la produzione legislativa delineerà con maggior cura e fondatezza molti anni più tardi e sul quale si fonda uno degli obblighi fondamentali nella moderna impostazione della materia.

Oltre al problema degli infortuni si comincia a porre l’attenzione anche sulle malattie professionali. Il DPR 303 delinea gli obblighi del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti, secondo le rispettive prerogative e attribuzioni, relativamente alla salute dei lavoratori. Con particolare attenzione all’organizzazione aziendale anche in termini di igiene sul lavoro, il 303, agli articoli 4 e 5, identifica ruoli e competenze suddivise sugli stessi quattro livelli, confermando l’impostazione che il legislatore impone con il 547. Introduce l’obbligo di visite mediche per i lavoratori sottoposti a determinati rischi per la salute, ponendosi quale fondamento normativo e principio ispiratore della attuale Sorveglianza Sanitaria dei lavoratori, maggiormente articolata, più attuale, senza però travisarne i principi ispiratori.

Dello stesso tenore, nella favorevole ondata legislativa, il DPR 164 detta le regole di prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni. Norma espressamente deterministico-prestazionale non muta la sostanza dell’organizzazione aziendale anche in materia di costruzioni edili. Dedica il solo articolo 3 all’organizzazione aziendale richiamando espressamente i soggetti obbligati degli articoli 4 e 5 del 547 (datore di lavoro, dirigente, preposto e lavoratore), ovvero la quadripartizione prevenzionistica aziendale.

L’impianto normativo degli anni '50, pur con varie modifiche apportate, resiste fino al 2008 e i relativi precetti e principi sono trasfusi nel nuovo Codice (D.Lgs. 81/2008), con la logica conseguenza di una continuità normativa che ne testimonia la valenza e l’avanguardia.

Ritornando agli aspetti che riguardano l'organizzazione aziendale proviamo a mettere a confronto un qualunque ramo della catena organizzativa aziendale rappresentato in fig. 2) con l'organizzazione aziendale indicata dalla 547 e rappresentanta in fig. 3). Riportiamo tale confronto in fig. 4).

Organigramma confronto
fig. 4 - Confronto fra un qualunque ramo gerarchico aziendale e l'organizzazione aziendale secondo il DPR 547. Caso in cui vi sono più livelli gerarchici rispetto a quelli previsti dal DPR 547.

Come si può vedere nel ramo aziendale a sinistra vi sono cinque livelli gerarchici, uno in più rispetto a quelli previsti dal DPR 547. Sorge spontanea una domanda: come deve essere intesa la corrispondenza fra i ruoli aziendali e le figure del 547?

Mentre erano sufficientemente chiare le figure del datore di lavoro e del lavoratore, fino al 2008 non esiste una regola scritta che definisce le figure del dirigente e del preposto. Questo implica che se é possibile fare una corrispondenza fra le figure del datore di lavoro e del lavoratore molto più difficile é trovare le corrispondenze fra le figure gerarchiche intermedie.

Già nell'art. 4 si comprendeva come il datore di lavoro in quanto figura che esercisce l'impresa corrispondeva all'imprenditore (secondo il Codice Civile l'imprenditore è colui che esercisce l'impresa). Anche la definizione di lavoratore subordinata poteva trovarsi nell'art. 3. Così è facile da stabile che, nel nostro caso la figura dell'amministratore corrisponde a quella del datore di lavoro e la figura dell'operaio corrisponde a quella del lavoratore. Più difficile è stabilire a quali figure intermedie della 547 (dirigente e preposto) corrispondano i tre livelli gerarchici presenti nel nostro ramo aziendale corrispondenti al capo settore, al capo reparto ed al capo squadra.

Negli anni la Cassazione ha fornito molte indicazioni sulla corretta interpretazione della legge per quanto riguarda l'individuazione delle figure del dirigente e del preposto. La Suprema Corte ha, prima di tutto, evidenziato come la figura del dirigente vada ricercata fra coloro che, occupando all'interno dell'azienda posizioni gerarchiche intermedie fra il datore di lavoro ed il lavoratore diriga l'attività di competenza mentre la figura del preposto vada ricercata fra coloro che, occupando posizioni gerarchiche intermedie fra il datore di lavoro ed il lavoratore sovrintenda all'attività di competenza.

Il concorde orientamento giurisprudenziale ha portato ad affermare nel tempo che la figura del dirigente é una figura che organizza l'attività lavorativa, mentre la figura del preposto é una figura che sovrintende alla attività lavorativa. Menre l'attività di organizzazione implica un potere decisionale, ivi compreso il potere di definire le regole del lavoro, l'attività di sovrintendere implica un qualche grado di potere limitato alla verifica che le attività lavorative si svolgano secondo le regole definita da altri.

Nel caso in esame (pur non essendo presente alcuna regola predefinita) é molto probabile che la figura del Capo Settore, in quanto riferente direttamente al datore di lavoro, ove svolga una attività di organizzazione del lavoro sia configurabile come dirigente. Per contro la figura del Capo Squadra, in quanto ultima posizione gerarchica direttamente sovraordinata ai lavoratori, ove svolga una attività di verifica e controllo dell'attività dei lavoratori si configura come preposto. Resta difficilmente configurabile la figura del Capo Reparto. Rispetto a tali figure intermedie vi sono varie linee di pensiero.

Alcuni ritengono tali figure indenni da obbligazioni prevenzionali in quanto sostengono che solo la prima posizione gerarchica sottoordinata al datore di lavoro, in qualità di dirigente, e l'ultima posizione gerarchica, sovraordinata al lavoratore, in qualità di preposto, sono gravati da una posizione di garanzia derivante dagli obblighi dell'art. 4 del 547. Altri ritengono che tali intermedie figure normalmente non siano gravate da obblighi ma che, in casi di assenza delle figure prevenzionalmente obbligate ne sostituiscano l'azione e ne assumano se pur temporaneamente in capo anche le obbligazioni prevenzionali. Si è propensi ad optare per una ulteriore ipotesi più "radicale" e maggiormente cautelativa.

L'ipotesi che si reputa la più idonea prevede la necessità di inquadrare obbligatoriamente tali figure intermedie fra i dirigenti o fra i preposti. Naturalmente il loro ruolo dipenderà da ciò che tali figure svolgono all'interno della catena organizzativa nell'ambito della posizione gerarchica ricoperta. Si giunge a tale conclusione per una serie di valutazioni e di principi: 1) l'istituzione di una tale posizione gerarchica intermedia viene prevista sulla base di valutazioni del datore di lavoro riguardo alla necessità di specifiche attività aziendali (intermedie alla reale catena gerarchica); 2) in conseguenza del punto 1) il soggetto interessato riveste nell'ambito del ramo d'azienda un ruolo di direzione o un ruolo di controllo e verifica e, di conseguenza assume in capo una qualche posizione di garanzia del dirigente o del preposto; 3) una posizione gerarchica superiore deve comunque verificare che, dal punto di vista prevenzionale, le posizione gerarchiche sottordinate rispettino i propri obblighi di legge; Per tutto ciò si ritiene che tutte le figure intermedie della catena organizzativa aziendale, indipendentemente dal numero di posizioni gerarchiche intermedie fra la figura del datore di lavoro e quella del lavoratore, vengano individuate fra i dirigenti o fra i preposti.

Cosa accade se i livelli gerarchici sono in numero inferiore a quelli indicati dal 547? Analizziamo il confronto nella figura sottoriportata.

Organigramma confronto
fig. 5 - Confronto fra un qualunque ramo gerarchico aziendale e l'organizzazione aziendale secondo il DPR 547. Caso in cui vi sono meno livelli gerarchici rispetto a quelli previsti dal DPR 547.

Questo è il caso di un commerciante che lavora nel proprio negozio con l'ausilio di un solo dipendente. Naturalmente risulta facile determinare che il salumiere è il datore di lavoro e il commesso é il lavoratore. Come dobbiamo interpretare la mancanza del dirigente e del preposto nell'azienda in esame?

Tali figure, concretamente non esistono, ma questo non significa che le posizioni di garanzia vengano meno. Gli obblighi del dirigente e del preposto, quanto tali qualità non si possono attribuire per la mancanza di addetti, saranno posti in capo alla figura che riveste la posizione gerarchica superiore. Nel caso in esame, proprio per la vicinanza delle lavorazioni al datore di lavoro (salumiere) costui avrà in capo anche gli obblighi propri del dirigente e del preposto in quanto il salumiere oltre ad organizzare l'attività lavorativa (proprietà tipica del dirigente) sarà anche colui che vigila e sorveglia sulla stessa attività (proprietà tipica del preposto).

In conclusione é possibile affermare che il 547 oltre a contenere disposizioni legislative fortemente tecnologiche che hanno certamente contribuito alla diminuzione delle morti sul lavoro, prevedeva anche un preciso "modello organizzativo aziendale" con obblighi specifici in capo a precisi soggetti (posizioni di garanzia) individuati nell'organizzazione gerarchica aziendale.
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La gerarchia aziendale e il nuovo Codice (decreto 81)

Il nuovo Codice (D.Lgs. 81) affronta, (confermando interamente quanto stabilito dal 547) in modo chiaro e riconosciuto la materia dell’organigramma gerarchico aziendale e la suddivisione dei ruoli aziendali, attraverso la “quadripartizione prevenzionistica”. Al vertice dell’impresa il Codice pone il datore di lavoro quale soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore. In linea intermedia il Codice introduce per la prima volta la definizione di due figure l’una sovraordinata all’altra. La prima è il dirigente quale persona dotata di competenze professionali e di poteri gerarchici che attua le direttive del datore di lavoro, organizza e vigila sulla attività lavorativa.

La seconda è il preposto quale persona dotata di competenze professionali e di un livello gerarchico subordinato al dirigente che garantisce l’attuazione delle direttive ricevute, sovrintendendo alla attività lavorativa e, controllando la corretta esecuzione da parte dei lavoratori.

Per ultimo il Codice definisce il lavoratore quale persona che (indipendentemente dal contratto e dal compenso) svolge un’attività lavorativa nell'ambito dell'organizzazione di un datore di lavoro. Per il Codice, quindi, l’organigramma gerarchico aziendale è quadripartito ed in ogni ramo della catena organizzativa sono da ricercare le quattro figure: datore di lavoro, dirigente, preposto, lavoratore. Si osservi poi come le definizioni del Codice sono tese a stabilire la catena organizzativa ai fini dell’esercizio d’impresa e non per la sicurezza sul lavoro.

Nelle definizioni infatti non vi è alcun richiamo ad eventuali obblighi di sicurezza, bensì si parla di attuare le direttive del datore di lavoro per il dirigente, o di garantire l’attuazione delle direttive ricevute per il preposto e si parla di organizzare e vigilare sull’attività lavorativa per il dirigente e sovrintende alla attività lavorativa e controllare la corretta esecuzione per il preposto. Concetti che stanno alla base dell’esercizio d’impresa e figure che necessariamente risiedono nell’ambito dell’organigramma gerarchico aziendale. Quindi il datore di lavoro, il dirigente, il preposto, ed il lavoratore sono individuati dal Codice tra le figure aziendali che concorrono alla produzione di un bene ed un servizio, quindi sono soggetti che concorrono al fine dell’esercizio d’impresa.
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Come procedere concretamente

Non si tratta di individuare figure aggiuntive a quelle necessarie alla produzione aziendale o di incarichi aggiuntivi, bensì datore di lavoro, dirigenti, preposti e lavoratori vanno individuati fra coloro che compongono l’organigramma aziendale in relazione alle funzioni svolte. Tali figure che, per effetto delle attività che svolgono ai fini della produzione aziendale, rivestono ruoli specifici sono gravati da obbligazioni prevenzionali jure proprio a tutela di terzi non in grado di adempiere direttamente (hanno obblighi di legge posti direttamente in capo per tutelare la salute dei lavoratori - terzi - che non sono in grado di farlo autonomamente)

Tali obbligazioni jure proprio sono anche dette posizioni di garanzia.

Si specifica peraltro che, secondo gli insegnamenti della Suprema Corte “l’individuazione dei destinatari degli obblighi di prevenzione dagli infortuni sul lavoro va compiuta caso per caso, con riferimento alla organizzazione dell’impresa e alle mansioni esercitate in concreto dai singoli” (Principio di effettività).

In conclusione, occorre analizzare tutti i rami produttivi aziendali andando a ricercare, oltre al datore di lavoro quale responsabile dell'azienda o dell'unità produttiva, i dirigenti ed i preposti quali figure prevenzionalmente obbligate. Tale analisi, contemporaneamente, sarà utile per avere conoscenza dei processi produttivi, delle attività e dei compiti che saranno poi soggetti ad una più accurata analisi finalizzata alla valutazione dei rischi. Si vuole inoltre sottolineare che tale analisi non deve essere effettuata sull'organigramma cartaceo desunto dal mansionario di ogni singolo addetto, bensì deve essere effettuato in azienda a contatto con le effettive lavorazioni al fine di accertare tutte le situazioni presenti, compreso quelle "di fatto".

La correttaanalisi dell'organigramma gerarchico aziendale è base di una corretta valutazione dei rischi e di tutte le conseguenti misure di prevenzione e protezione che saranno da adottare e gestire da parte della stessa organizzazione.

Nella prossima lezione si analizzano le figure del dirigente e del preposto, quest'ultimo come figura chiave della sicurezza aziendale

Per saperne di più consultare la sezione pubblicazioni.